mercoledì 17 settembre 2008

Prunetto e Monesiglio

Oggi (ok non è proprio oggi ma domenica 7) ho visitato i castelli di Prunetto e Monesiglio con una compagnia d'eccezione, Lollo e Davidino.
Iniziamo dal castello di Prunetto, nella provincia di Cuneo. Fondato tra il XII - XIII secolo a ridosso di una torre d'avvistamento quadratata del XI sec. dalla famiglia dei Del Carretto.
I Del Carretto, potente famiglia di origine genovese, lasciarono il posto agli Scarampi nel XVI secolo, ma il feudo rimase sempre indipendente e sotto tutela imperiale fino al passaggio a Casa Savoia nel 1735.

Il castello si presenta come un massiccio blocco quadrato con una torre circolare presso l'ingresso e una quadrata sul retro. Appaiono numerose bifore ogivali su tutto il complesso recanti lo stemma dei Del Carretto, fatte aprire verso il XV-XVI secolo, che ne ingentiliscono la struttura.
Superato l'ingresso, una volta munito di ponte levatoio, ci troviamo in un minuscolo cortile interno provvisto di un pozzo (cosa tra l'altro fondamentale in qualsiasi struttura fortificata per sostenere un assedio) e cisterne per la raccolta dell'acqua piovana.
Suggestivi i locali sotterranei, utilizzati come scuderie e prigioni.









La visita termina passando in rassegna le stanze del piano superiore e nel sottotetto dove è presente una mostra sugli asini utilizzati dai militari.
Una volta fuori, a poca distanza, vediamo l'antica porta nella cinta muraria che permetteva l'entrata al borgo.







Lasciato Prunetto ci dirigiamo al paese vicino di Monesiglio.





Il castello, detto "dei Caldera", risale al 1221 voluto dal Marchese d'Aleramo. Il Castello passò poi alla famiglia nobile dei Caldera che nel XVII effettuarono numerosi interventi di ristrutturazione che lo trasformarono in un palazzo di stile tardo gotico.
Il complesso, a forma di L, ha una torre quadrata presso l'ingresso principale con i merli in stile ghibellino, e guelfo sull'ingresso (aggiunti in seguito a restauri nel 1900).
Di grande interesse l'area dei sotterranei con le cucine del maniero, il corpo di guardia, la sala degli interrogatori, la ghiacciaia e le prigioni.










Saliamo al piano superiore, quello nobile, attraverso una stretta sala con la volta a crociera dove ci aspetta la sala "rossa" della contessa (una camera da notte), e la prestigiosa sala degli stemmi.

Questa sala contiene tutti gli stemmi con cui la famiglia Caldera si legò negli anni.

L'ultima parte che attraversiamo è quella edificata nel 1600 e trasformata agli inizi del 1900 in pensionato, oggi dismesso (anche se però tutte le brutture rimangono.


Ultima nota è la cappella interna del castello totalmenta affrescata di cui oggi si sta effettuando il recupero.

lunedì 8 settembre 2008

Forte di Vinadio

La fortificazione di Vinadio è da considerarsi fra gli esempi di architettura militare più significativi dell'intero arco alpino. I lavori di costruzione della fortezza, voluta da Re Carlo Alberto dopo la distruzione del Forte di Demonte, iniziarono nel 1834, per concludersi solo nel 1847.

Nonostante una breve interruzione, dal 1837 al 1839, in soli undici anni si realizzò un vero capolavoro dell'ingegneria e della tecnica. In caso di necessità, il Forte si presentava con un presidio pari a 1800 uomini e circa 45 pezzi di artiglieria.
Durante la Prima Guerra Mondiale il forte fu utilizzato come campo di prigionia per i soldati austriaci ma fu nella Seconda Guerra Mondiale che il Forte fu richiamato in attività.


Infatti, venne designato come 14° Caposaldo Vinadio del Vallo Alpino del III Settore "VALLE STURA" Sottosettore III/a "Valle Stura di Demonte".
Il Caposaldo era formato dalle seguenti opere: Forte Neirassa, armata con due mitragliatrici, Fronte superiore, una mitragliatrice, Bastione centrale, con due mitragliatrici e un cannone anticarro, Fronte inferiore, con due mitragliatrici e un cannone anticarro e Fronte di gola, con una mitragliatrice e un cannone anticarro. Il fossato del Forte venne trasformato in un fosso anticarro con l’aggiunta di ostacoli e reticolati e il ponte della statale dotato di fornelli da mina. Fu iniziata anche un’opera in galleria destinata ad ospitare il comando della divisione Livorno, di cui oggi rimangono gli ingressi murati.
Nel 1945 i tedeschi in ritirata fecero esplodere la polveriera centrale, incendiarono la caserma Carlo Alberto e danneggiarono il Fronte di gola.
Nel dopoguerra il forte venne abbandonato e recuperato negli anni '90 dalla regione Piemonte.

E iniziamo ora la scoperta di questa opera titanica!

Partiamo dal Rivellino, opera avanzata che aveva il compito di difendere la via d’accesso principale del forte. Esso si presenta a forma di L, casamattato verso l’esterno e delimitato verso l’interno da un muro difensivo scandito da numerose feritoie.
Al di sopra delle casematte si sviluppa un cammino di ronda lungo il quale si aprono una serie di feritoie che battevano la spianata antistante al Fronte superiore. Per superare il forte quindi era necessario varcare il primo ponte semi-dormiente (fisso con una parte mobile) sul fianco sinistro del rivellino, percorrere la strada affiancata dal muro difensivo, attraversare un secondo ponte dormiente e varcare il secondo portone di Porta Francia. Sono da notare i sistemi per l’apertura dei ponti ancora presenti.Ora all’interno del Rivellino è stato impiantato un bar ma la struttura originale è stata conservata ancora in gran parte originale poteva andargli sicuramente peggio.

Ma torniamo alla Porta Francia, recentemente restaurata e riportata allo splendore originale.
Presenta 4 cannoniere svasate e al di sotto della parte terminale del ponte (una volta levatoio) vediamo apparire la poterna, ingresso nascosto che collegava il fossato all’opera principale.
Ora entriamo nel fossato e lo percorriamo per tutto il Fronte superiore, una cinta bastionata che sbarrava la valle da Porta Francia al Fortino.

Lungo tutta la cinta sono presenti feritoie, casematte e particolari caditoie, che permettevano di battere il fossato dal camminamento di guardia. Chiudeva il Fronte superiore il Bastione di Neirassa che lo collegava, tramite un doppio portone, con il complesso del Fortino. Nel Bastione Neirassa inoltre era presente anche una polveriera oltre a magazzini e laboratori. Dentro tutto il Fronte superiore è stato allestito il museo di Montagna in Movimento, un museo interattivo dedicato alla vita in montagna e alla val Stura.
Da notare la serie di casematte con ancora i binari di posizionamento dei pezzi di artiglieria.
Entriamo ora nel Fortino, struttura rialzata rispetto al forte composta da una caserma di 3 piani con i fianchi bastionati, una polveriera e una serie di postazioni d’arma e di fucileria. La caserma ospitava l’ospedale militare e nel piano superiore la colombaia.


Tutte le scalinate della fortezza erano provviste di scivoli per permettere la salita e la discesa dei pezzi di artiglieria.
Lasciamo ora il fortino e torniamo indietro fino a Porta Francia e imbocchiamo il Bastione centrale. La prima cosa che notiamo è lo sventramento di 2 casematte effettuate nel 1927 per far passare la statale tramite un ponte sul fossato (Visibile nella prima foto del Rivellino) Tale ponte però fu fornito di due fornelli da mina presenti sui pilastri in modo di farlo brillare in caso di invasione nemica.
Percorriamo ora tutta la cinta del Bastione centrale aperta liberamente a tutti, attraverso una serie continua di postazioni di artiglieria e riservette trovando ogni tanto le casematte modificate nel 1940 e trasformate in postazioni per mitragliatrici Fiat modello 35 e per cannoni da 47/32 modello 1935.

Postazione per mitragliatrice e postazione per anticarro.
Proseguendo all’interno delle casematte arriviamo al Fronte inferiore, la parte terminale della fortezza. Il Fronte si sviluppa a due piani, con magazzini al primo piano e casematte al secondo.
I due piani erano collegati tra loro tramite una scala a forbice e una galleria di traversa, dotata di feritoie da ambo i lati, collegava con la Galleria di gola, una linea bastionata parallela al Fronte inferiore, delimitando così il cortile del Fronte Stura.
All’estremità del Fronte inferiore troviamo la Batteria dei cannoni a sfera, 2 casematte dalla linea moderna rispetto al Forte costruite nel 1877 per posizionare i cannoni da 15 in acciaio in installazione a sfera Krupp.
Nel 1939 fu installato nell’ultima casamatta un cannone 75/27 modello 1906. A collegare la Batteria a sfera con la Galleria di gola troviamo il Fronte Stura, costruito per battere le rive del fiume.

Il Fronte Stura comprende una cortina provvista di feritoie e un bastione orientale (a occidente c’è la Batteria dei cannoni a sfera). Nella cortina troviamo una porta che permette di uscire dal Forte costruita nel novecento quando erano cessate precise necessità difensive.

Nel cortile interno oggi è stata posizionata una struttura polifunzionale che, a dirla tutta, non fa proprio una bella figura. L’ultimo tratto di mura del Forte è quello della Galleria di gola, una serie di casematte, che dal Fronte Stura sale fino alla caserma Carlo Alberto.

Ed eccoci giunti al cuore del Forte, la caserma Carlo Alberto. La caserma si presenta a forma rettangolare con due tamburi difensivi dotati di feritoie che permettevano di controllare e battere l’area dell’ingresso. Il tamburo di sinistra era destinato a ospitare il parco buoi, che in caso di assedio avrebbero garantito un’ulteriore scorta di cibo per i soldati. L’ingresso era protetto da un profondo fossato attraversato da un ponte semi-dormiente oggi entrambi scomparsi.
La caserma si sviluppa su due piani con sottotetto abitabile all’occorrenza, il tutto caratterizzato da un porticato che ne ripercorre lo sviluppo. Ai primi piani c’erano gli alloggi dei soldati, le cucine e vari magazzini mentre nei secondi gli alloggi degli ufficiali e i loro studi. E’ presente inoltre una chiesetta e le scuderie. La Caserma oggi è la parte più disastrata, data alle fiamme dai tedeschi nel 1945 e saccheggiata di ogni bene rimasto nel dopoguerra. Recentemente si è iniziato il restauro di una parte, anche se ne dovrà ancora vedere prima di raggiungere il suo antico splendore.

A supportare questa fortezza esistevano altre opere minori che sbarravano posizioni chiave, opere che purtroppo per mancanza di tempo non sono riuscito a vedere. Queste opere coinsistevano nella Batteria di Neghino, il corpo difensivo della Sources, la Batteria Serziera, la Batteria Piroat, le Trune di Trent e i trinceramenti di Testa Rimà.
Alla Prossima!